Palazzo Busetti si trova nel cuore di Reggio Emilia, in via Emilia, 1a.
Note storiche
Nel cuore del centro storico, affacciato su Piazza del Monte, il palazzo nasce dall’ambizione di una ricca famiglia del Seicento, i conti Busetti. Il cantiere per la costruzione fu aperto per volontà di Ferdinando Busetti nel 1657 e si conclude nel 1674. Alla scomparsa degli eredi, nel 1699, il patrimonio passò a una fondazione con finalità benefiche; nello stesso anno sorsero il Seminario vescovile e, a seguire, il collegio dei Gesuiti, con l’aggiunta di un piccolo teatro, una chiesa e un grande cortile porticato.
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Tra 1752 e 1783 gli ambienti ospitarono anche l’Università di Reggio, nella quale vi insegnò Lazzaro Spallanzani. Nel Novecento il palazzo fu rifunzionalizzato: nel 1921 si insediano il celebre Ristorante-caffè Busetti, la tipografia del quotidiano L’Italia Centrale e la Banca Commerciale Italiana; tra 1939 e anni ’50 teatro, chiesa e l’ex convento vengono demoliti o riplasmati per uffici pubblici.
Dopo un lungo abbandono, un restauro scientifico negli anni 2000 restituisce il complesso alla città, oggi articolato tra Galleria del Monte al piano terra, funzioni terziarie e residenze nei piani superiori.
Un episodio chiave accompagna i lavori di riqualificazione: nel 2014 gli scavi mettono in luce un tratto di strada romana che collegava Regium Lepidi a Brixellum.
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L’architettura
L’attribuzione progettuale guarda a Bartolomeo Avanzini, artista attivo anche al Palazzo Ducale di Modena, con un coinvolgimento iniziale di Gian Lorenzo Bernini nella fase ideativa. Il linguaggio di Palazzo Busetti vuole essere quello di una residenza “in stile romano”: facciata tardo-rinascimentale/barocca fuori scala rispetto al tessuto circostante , un repertorio decorativo ricco, con conchiglie, ghirlande, mascheroni, volute, che incornicia le aperture e costruisce un gioco di contrasti tra superfici lisce e mosse e di luci eombre. A
ll’angolo su via Crispi campeggiano lo stemma dei conti Busetti e la grande lanterna in ferro battuto disegnata agli inizi del Novecento da Cirillo Manicardi. La planimetria storica di Domenico Marchelli (1827) documenta il grande vuoto interno porticato poi alterato e, in parte, reinterpretato con l’intervento contemporaneo.

L’interno
Gli interni riprendono la monumentalità dell’involucro. Al piano terra si conservano volte alte con apparati a stucco e medaglioni che incorniciano tele di Francesco Viacavi, allievo di Luca Ferrari detto “da Reggio”.
Ai primi del Novecento Alfonso Govi realizza ulteriori affreschi. I portali interni sono marcati da importanti cornici in gesso, mentre le pareti presentano tinte pastello e, in alcuni casi, motivi damascati. I pavimenti alternano intarsi di marmi policromi stanza per stanza e, al primo piano, seminato alla veneziana. Oggi i piani inferiori sono fruibili durante gli orari di apertura della Galleria del Monte che occupa la parte commerciale del complesso.