Chiesa di San Pietro

 

La chiesa di S. Pietro è un luogo di culto cattolico, situato in via Emilia San Pietro, nel centro storico di Reggio Emilia, adiacente al complesso conventuale benedettino noto come “Chiostri di S. Pietro”.

Note storiche

La chiesa di S. Pietro è adiacente al complesso conventuale benedettino noto come Chiostri di S. Pietro.
I Benedettini si occuparono della costruzione del nuovo monastero, dando inizio nel 1524 alla costruzione del Chiostro piccolo e nel 1542 a quella del Chiostro grande. Nel frattempo, l’antica chiesa di San Pietro, che era più ad est rispetto all’attuale, continuava a svolgere la sua funzione.

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Durante il completamento del Chiostro grande nel 1586 si rese necessario abbattere la vecchia chiesa, non compatibile con la nuova progettazione.

La costruzione della chiesa nuova inizia nel 1586 e si conclude nel terzo decennio del Seicento. Nell’insieme, i lavori (chiostro piccolo, chiostro grande e chiesa) comportarono un grande impegno finanziario e si svolsero nell’arco di circa un secolo.

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Architettura

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La Chiesa di San Pietro è a Navata unica, con cinque cappelle per lato, Transetto e abside in ossequio ai canoni della Controriforma. Le immagini sacre che ornano le cappelle laterali risalgono – quasi tutte – all’epoca in cui l’edificio è stato aperto al culto; esse presentano perciò una notevole unità stilistica, pur nelle differenze dovute ai diversi artisti che vi hanno lavorato.

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Tuttavia, è necessario sapere che qualche cambiamento nel corso dei secoli è avvenuto, ed ha riguardato opere di notevole pregio artistico, compiute da artisti di grande fama. Citiamo in particolare il quadro con la “Consegna delle chiavi a Pietro” del veneziano Domenico Tintoretto, che dal 1825 si trova a Modena (Galleria Estense), e il “Martirio di san Giacomo e Giosia”, di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino, scomparso dal 1857 e l’Adorazione dei Magi di Camillo Procaccini sottratta nel 1783 ed ora alla Galleria Estense di Modena.

Opera: Martirio di Santa Lucia 

 

Il quadro si trovava originariamente nella Cappella di San Michele, è stato poi spostato nella parte interna della facciata, al di sopra del portale. Il soggetto rappresenta il supplizio di Santa Lucia. Il carnefice, di spalle, brandisce un coltello, trattenendo la donna dai capelli che leva la mano destra in segno di benedizione, mentre un anziano indica il cielo. Al di sopra del gruppo delle tre figure, vi è un angelo con grandi ali, mentre tra le nuvole, angioletti recano i simboli della verginità e del martirio, la corona di fiori e la palma.

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La cupola e il campanile

La cupola è stata realizzata tra il 1625 ed il 1629 per opera di Paolo Messori, architetto reggiano, su modello della cupola michelangiolesca di San Pietro a Roma. La costruzione segue quindi, strutturalmente, la falsariga della ‘doppia cupola’ che separa la Calotta interna in muratura dalla copertura in legno e manto in rame.

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All’interno, presenta eleganti cornici in stucco decorate dal pittore Anselmo Govi raffiguranti episodi di vita dei Santi Pietro e Prospero. Oltre alla cupola, la chiesa è stata arricchita da una torre campanaria realizzata  nel 1765 e completata nel 1782 dalla facciata eseguita da Pietro Armani, altro architetto reggiano.

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Il Presbiterio

Il presbiterio è il luogo riservato al celebrante e al clero, è anche la zona più luminosa e ricca di ornamenti dove confluisce l’attenzione dei fedeli durante la celebrazione. Di particolare importanza sono quindi le opere esposte in questa parte della chiesa. In San Pietro, vi sono esposti i dipinti Madonna del Giglio, a destra, e Madonna col Bambino, San Prospero e San Benedetto, a sinistra.

Pala d’altare: Madonna del Giglio 

Andrea Donducci, S. Pietro e S. gioconda ai lati della Madonna (Madonna del giglio).

 

Nel 1637, quando i lavori per la costruzione della chiesa erano ormai al termine, si incaricò il pittore bolognese Andrea Donducci, detto il Mastelletta, di eseguire un grande quadro in cui inserire un’immagine di Madonna. Questa era stata portata da un abate benedettino da Perugia, come oggetto  di venerazione. Da questa piccola rappresentazione deriva il nome Madonna del Giglio, in quanto il bambino tiene nella mano sinistra un giglio. Nell’opera del Mastelletta vi sono raffigurati San Pietro, Santa Gioconda e la città di Reggio Emilia, con la Ghiara e S. Pietro ben riconoscibili.

Madonna con bambino, San Prospero e San Benedetto

Opera eseguita nel 1592 da Francesco Maria Codeluppi, autore su cui mancano altre informazioni. I personaggi sono disposti a piramide, secondo un diffuso modello cinquecentesco. La Vergine, sopraelevata su un trono con base di marmo, offre il bambino all’adorazione. In basso, sono presenti due figure con pastorale, mentre a sinistra è riconoscibile San Prospero che addita il modellino della città di Reggio sorretto da un angelo. A destra, San Benedetto con il libro aperto in cui si legge il monito: “Ascolta, o figlio, gli insegnamenti del maestro”. In primo piano, il committente: Jacopo Roberti con un frate della Casa della Carità.

 

Martirio di Placido e Flavia (Cappella dei Santi Placido e Flavia)

Opera dell’artista reggiano Emilio Besenzi (1608-1656), la Cappella dei Santi Placido e Flavia ospita la tela raffigurante il martirio dei due santi.  Nel quadro, in alto, sono rappresentati la Madonna con il bambino, San Paolo e Santa Caterina d’Alessandria. Tre angeli in volo portano rami di palma e corone, mentre nella parte inferiore è in atto il martirio. San Placido, con lo sguardo rivolto al cielo, è afferrato dal carnefice dai lineamenti stranieri, in quanto il suo monastero era stato attaccato dai pirati saraceni. Inoltre, in primo piano, sono raffigurati il corpo riverso e la testa di Flavia.

 

Cappella di San Michele

La volta della cappella è decorata con tre medaglioni raffiguranti eventi della vita di San Michele, opera di Sebastiano Vercellesi (1603-1657). Il medaglione di destra raffigura il Santo che sottomette Lucifero; al centro, il diavolo è rappresentato sconfitto, a testa in giù. Nel terzo medaglione, vi è rappresentato un intervento miracoloso avvenuto nel V secolo, a Monte Sant’Angelo, nel Gargano, luogo di culto di San Michele.

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L’evento narra di un bue che si era perduto e che era stato ritrovato in una grotta, dal padrone. L’animale non voleva uscire dall’antro, l’uomo lo colpì quindi con una freccia che cambiò direzione, ferendolo. Qualche giorno dopo, San Michele Arcangelo apparve al vescovo vietando lo spargimento di sangue degli animali e chiedendo di consacrare la grotta al suo culto.

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San Michele (Cappella di San Michele)

Originariamente intitolata La processione di San Gregorio Magno per la cessazione della peste, con la Vergine, il Bambino e San Michele Arcangelo che ripone la spada nel fodero, è opera del pittore bolognese Pietro Desani (1595-1657). San Michele è rappresentato al centro, in movimento, leggermente rivolto verso la Madonna con Bambino circondata da angeli, in alto a destra. Sotto, è presente la rappresentazione della città di Roma, dell’epidemia e del corteo di vescovi che accompagna papa Gregorio Magno.

 

Santa Barbara (Cappella di Santa Barbara)

 

L’opera, di Alessandro Tiarini (1577-1668), pittore bolognese,  rappresenta il supplizio di Santa Barbara. La donna si era rifiutata di divenire moglie di un pagano ed era stata prima rinchiusa in una torre, rappresentata nel paesaggio sullo sfondo, e poi uccisa dal padre raffigurato mentre punta la lama al collo della figlia.

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Lo sguardo e il gesto verso l’alto della Santa rimandano alla richiesta di grazia: concedere il perdono dei peccati a tutti coloro che, in pericolo di morte improvvisa, si fossero rivolti a lei. Nella rappresentazione, oltre agli angeli con corona e palma, è presente San Pietro. L’ultima figura, in alto a destra, è stata identificata come il committente, un dignitario della corte vescovile di Reggio Emilia.

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Pala d’altare (Cappella di Santa Lucia)

La pala d’altare è opera di un pittore di area emiliana non identificato. In primo piano, vi è rappresentata Santa Lucia che offre su un piatto i suoi occhi, rievocando il martirio; a destra, vi è un ritratto di San Carlo Borromeo con abito vescovile e croce. Alle spalle dei due, San Francesco con il saio francescano e San Simone detto il Cananeo o Zelota, con in mano una sega, strumento del suo martirio.

 

Cappella del Crocifisso

La cappella fu concessa dai monaci al canonico Paolo Messori per ricompensarlo dei lavori di progettazione della cupola. Inizialmente, accoglieva una pala d’altare con il Crocifisso e la Maddalena che venne però sostituita, alcuni decenni dopo, con un Crocifisso, alla base del quale, lo stuccatore reggiano Antonio Alaj aggiunse una figura di Maddalena in atteggiamento meditativo.

 

Pala d’altare dedicata a Santa Giulia (Cappella di Santa Giulia)

Opera del pittore modenese Camillo Gavassetti, datata al 1623. Santa Giulia è rappresentata sulla croce, con lo sguardo proteso al cielo, mentre gli angeli volano recando la palma, simbolo del martirio, e i gigli, emblemi di purezza.

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Ai piedi della Santa, si estende il paesaggio che è in parte coperto dalla figura di San Cristoforo, aggiunta alla fine del secolo dal pittore Girolamo Massarini. La cornice è stata realizzata in stucco, con angeli ai lati e, alla sommità, la rappresentazione della Fede che solleva il calice, con la scritta: “dà ricompensa a coloro che la sostengono”.

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Il Martirio di San Giacomo (Cappella di San Giacomo)

Il quadro, opera di Tommaso Ottavi, sostituisce una tela scomparsa, di uguale soggetto, firmata da Giovan Francesco Barbieri, detto il Guercino. 

Vi è raffigurato San Giacomo, in età avanzata, in ginocchio mentre sta per essere colpito dal carnefice. Alle sue spalle, rivolto di schiena, è rappresentato Giosia, condotto al supplizio insieme al Santo. In alto, un angelo reca i simboli del martirio, la palma e la corona.

 

San Mauro (Cappella di San Mauro)

L’opera è firmata da Sebastiano Vercellesi (1603-1657), l’autore che ha realizzato i tre medaglioni della Cappella di San Michele.  Nel quadro, è rappresentato San Mauro, vestito con la tonaca nera benedettina, che sta impartendo una benedizione a un sofferente: un giovane sostenuto da due persone, con una gamba ferita. In alto, a destra, Gesù Cristo risorto con la croce, mostra una piaga del petto, da cui esce il sangue che consentirà la guarigione.

 

La cappella dell’Epifania

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Epifania significa “rivelazione”. Nella cappella sono rappresentati episodi in cui Gesù si rivela come figlio di Dio: la visita dei magi a Betlemme, Il battesimo di Cristo, Il miracolo delle nozze di Cana.

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Le nozze di Cana (Cappella dell’Epifania)

L’opera, di grandi dimensioni, è stata dipinta dal reggiano Luca Ferrari, detto Luca da Reggio, nel 1649. Il racconto delle nozze di Cana viene ambientato nella contemporaneità, i personaggi hanno vesti di fine Seicento e sono riconoscibili, in primo piano, dei musici. Un ricco tessuto drappeggiato introduce al banchetto, collocato a un livello più alto, e tra i commensali è rappresentato Gesù.

 

 Il battesimo di Cristo (Cappella dell’Epifania)

 

Sulla parete opposta a Le nozze di Cana, è collocata l’opera Il battesimo di Cristo, altra opera di Luca Ferrari. Vi è raffigurato, su uno sfondo luminoso, Gesù accanto a Giovanni. Sulla sinistra, sono presenti due angeli e, in alto, Dio con in mano una colomba emerge dalle nubi.

 

L’adorazione dei Magi (Cappella dell’Epifania)

Il quadro attuale è una copia dell’originale dipinto da Camillo Procaccini, trasportato a Modena nel 1783. Nel dipinto, è rappresentata la Sacra famiglia con i Magi, caratterizzati come sapienti orientali, che offrono i doni.

 

L’incontro dei Magi  con Erode (Cappella dell’Epifania)

 

 

Opera dell’autore Girolamo Massarini, pittore seicentesco, rappresenta l’incontro durante il quale Erode chiese ai Magi di raggiungere Betlemme, per avere informazioni sul Messia. I due protagonisti, Erode e uno dei Magi, sono vestiti con strascichi sorretti da servi e accompagnati da un corteo di personaggi caratterizzati da colori e fogge orientali. Particolari quali i cavalli e i cani conferiscono vivacità e realismo.

 

La strage degli innocenti (Cappella dell’Epifania)

Opera dell’autore Girolamo Massarini rappresenta una scena di terribile violenza, in cui i corpi dei bambini sembrano intrecciarsi. Volti deformati dall’ira, braccia alzate, urla di dolore e spade sguainate creano pathos e dinamismo nella composizione.

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Transito (Cappella Sant’Antonio Abate)

Il quadro è stato attribuito a Girolamo Massarini. Originariamente, era collocato nella chiesa di Santa Maria del Popolo, andata distrutta. Per poter essere esposta nella Cappella di Sant’Antonio Abate, l’opera è stata sottoposta a un intervento di ampliamento, per adattarla all’inquadratura architettonica dell’ancona.

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Nel quadro, è rappresentato San Giuseppe che riceve la benedizione da Gesù, con sopra due angeli che suonano, uno la tromba e l’altro un violoncello. La Vergine Maria, con un gesto, invita l’osservatore a partecipare al momento di dolore e di gloria. In primo piano, sono deposti gli oggetti da falegname di Giuseppe.

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Photo Gallery

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