Ex Caserma Zucchi, attuale Palazzo Dossetti

La Ex Caserma Zucchi, oggi Palazzo Dossetti,  si trova in viale Antonio Allegri 9, a Reggio Emilia

Note storiche

L’edificio della Ex Caserma Zucchi, oggi Palazzo Dossetti,  nasce nel cuore del XIX secolo, in un momento di grande trasformazione urbanistica della città di Reggio Emilia. Fu progettato dall’architetto Pietro Marchelli (1806-1874), figura di spicco della cultura architettonica reggiana, al quale si devono anche opere come il Teatro Ariosto e il Palazzo del Capitano del Popolo.

Entrata alla Ex Caserma Zucchi, oggi Palazzo Zucchetti, da viale Allegri

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Commissionato dal Duca Francesco IV d’Este nel 1845, l’edificio venne concepito inizialmente come Foro Boario, luogo destinato al mercato del bestiame e deposito dell’annona (le riserve alimentari della città). La funzione del Foro Boario, inaugurato nel 1853, si inseriva in una più ampia politica di controllo e razionalizzazione della distribuzione delle risorse da parte del ducato (Ducato Estense 2020).

Con la nascita del Regno d’Italia e i cambiamenti istituzionali della seconda metà dell’Ottocento, l’edificio perse la sua funzione originaria e, nel 1877, fu riconvertito a uso militare, assumendo il nome di Caserma Zucchi in memoria del generale Carlo Zucchi, patriota reggiano distintosi durante i moti risorgimentali (Resistenzamappe.it).

Nel corso del Novecento la Caserma ebbe un ruolo significativo durante la Seconda guerra mondiale: nella notte tra l’8 e il 9 settembre 1943, soldati italiani cercarono di opporre resistenza alle truppe tedesche, ma furono sopraffatti in un episodio tragico rimasto nella memoria cittadina in cui persero la vitagli artiglieri Antonio Giannone, Lino Bertone e Carlo Giannotti.  

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A partire dagli anni ’80, dismessa la funzione militare, l’edificio venne progressivamente rifunzionalizzato a fini culturali ed educativi, diventando uno dei poli dell’Università di Modena e Reggio Emilia (UNIMORE). Il 9 febbraio 2013 il palazzo universitario reggiano è stato intitolato al costituente e giurista Giuseppe Dossetti.

Questo passaggio rientra in un più ampio processo di rigenerazione urbana che ha interessato diversi complessi storici italiani, trasformati da spazi militari a luoghi della formazione e della cittadinanza attiva.

L’architettura

Il progetto di Pietro Marchelli riflette pienamente il gusto neoclassico, che a Reggio Emilia trovò terreno fertile nel corso dell’Ottocento.

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L’impianto originario del Foro Boario era caratterizzato da un ampio porticato aperto, funzionale all’esposizione e al commercio del bestiame. La struttura si distingueva per la regolarità modulare delle arcate e per l’impostazione simmetrica della pianta, tipiche del linguaggio neoclassico adottato da Marchelli (Pincelli 1993).

Con la riconversione a caserma, i porticati vennero progressivamente tamponati, trasformando gli spazi aperti in ambienti chiusi più adatti a ospitare truppe e uffici amministrativi. Questa operazione non cancellò però la monumentalità della facciata principale, che mantiene ancora oggi il suo carattere severo ed equilibrato.

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L’architettura, definita da una facciata imponente e solenne affacciata su viale Allegri, si inserisce nel filone degli edifici pubblici ottocenteschi che coniugavano funzionalità e rappresentanza. I restauri effettuati negli anni Duemila, in occasione dell’adattamento a sede universitaria, hanno rispettato il disegno neoclassico originario, valorizzandone la monumentalità e garantendo al contempo la fruibilità degli spazi interni per aule e uffici accademici

Ex Caserma Zucchi, oggi Palazzo Dossetti

L’interno

L’interno della Ex Caserma Zucchi conserva ancora la monumentalità dell’impianto originario, pur profondamente trasformato dalle diverse funzioni succedutesi nel tempo. In fase di riconversione universitaria, i grandi spazi un tempo adibiti a magazzini, scuderie e camerate sono stati reinterpretati in chiave didattica, con la realizzazione di aule, biblioteche e spazi comuni.

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Gli ambienti sono caratterizzati da una notevole ampiezza e luminosità, favorita dall’impianto modulare delle arcate e dai soffitti alti, elementi che hanno reso agevole l’adattamento alle esigenze contemporanee senza snaturare la percezione spaziale storica. Alcuni tratti delle murature portanti e delle volte in laterizio rimangono leggibili, offrendo una testimonianza tangibile della stratificazione costruttiva.

Il restauro ha posto attenzione a mantenere il dialogo tra antico e moderno: i corridoi e i chiostri interni, un tempo spazi di servizio, sono stati ripensati come luoghi di aggregazione e studio, sottolineando la nuova vocazione accademica dell’edificio. Questo equilibrio tra conservazione e innovazione fa della Ex Caserma Zucchi non solo una sede universitaria, ma anche un laboratorio di architettura urbana, in cui il recupero della memoria storica si intreccia con la funzione pubblica e comunitaria .

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Aula Manodori all’interno della Ex Caserma Zucchi, Palazzo Dossetti

 

L’Araba Fenice di Luciano Fabro 

L’opera Araba Fenice è collocata nel portico della ex Caserma Zucchi.

Realizzata nel 2005 da Luciano Fabro, maestro dell’arte contemporanea, l’opera consiste in una colonna in marmo travertino-oro iraniano alta circa sette metri, composta da tre rocchi sovrapposti.

 

L’Araba Fenice di Luciano Fabro

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Le sue scanalature seguono da un lato le regole vitruviane della proporzione classica, dall’altro assecondano l’andamento naturale delle venature della pietra, creando un movimento elicoidale che intreccia geometria e natura.

Fabro concepisce così una colonna che non sostiene nulla, ma che diventa immagine simbolica di rinascita: la fenice, capace di rigenerarsi dalle proprie ceneri, rimanda alla trasformazione stessa della caserma, da luogo militare a spazio di cultura e sapere.

Inserita nell’ambito del progetto “Invito a…”, curato da Claudio Parmiggiani, l’opera instaura un dialogo intenso con il portico neoclassico di Marchelli, arricchendo l’edificio di una stratificazione simbolica che fonde memoria storica e linguaggio artistico contemporaneo.

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Particolare dell’opera L’Araba Fenice di Luciano Fabro