Basilica di San Prospero

La Basilica di San Prospero, dedicata al Santo Patrono della città, è situata in piazza San Prospero, nel cuore del centro storico di Reggio Emilia.

Note storiche

L’attuale chiesa di San Prospero sorge sul luogo dell’antica basilica fondata nel 997 da Teuzone, vescovo di Reggio, per porre al riparo le reliquie del Santo Patrono della città, all’interno della cinta muraria del Castrum Vescovile. L’antica basilica era di dimensioni più modeste di quella odierna, rispetto alla quale si presentava leggermente disassata e più precisamente orientata ad est, come nel costume dei primi secoli del cristianesimo.

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Agli inizi del sec. XVI, la chiesa si trovava in cattive condizioni e subì un restauro finanziato da Girolamo Pratoneri, ricco cittadino reggiano. L’intervento, probabilmente localizzato sulla facciata, comprendeva anche l’inserimento dei sei leoni stilofori in breccia rossa di Verona, ancora oggi presenti sul sagrato, posti forse originariamente a sostegno di tre protiri. Poco più tardi, nel 1514, col contributo del Comune, la chiesa venne riedificata dalle fondamenta. L’esecuzione dei lavori fu affidata a Luca da Viano e Matteo Fiorentino, affiancati, per quanto concerne le parti in pietra, dallo scalpellino reggiano Mattia Lormanni.
L’esame dei documenti a noi pervenuti tende ad escludere i due costruttori dall’ideazione della chiesa, da riferirsi probabilmente a un ignoto architetto di provenienza non locale.

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Leone stiloforo
Leone stiloforo (Photo credits: L. Bedogni)

 

L’architettura

La pianta, a Croce latina, è a tre navate. La maggiore è impostata su tre grandi quadrati, coperti da volte a vela, sorrette da coppie di colonne doriche in arenaria, oggi rivestite da intonaco a finto marmo. Lo stesso modulo viene ripetuto per il Transetto e, dimezzato, va a formare il ritmo delle due navate laterali, anch’esse coperte da volte a vela.

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L’impronta stilistica della chiesa si rifà in parte a modelli di matrice toscana, ad esempio il Duomo di Faenza di Giuliano da Majano. La conformazione planimetrica ricorda tuttavia in modo piuttosto preciso la struttura compositiva di alcune chiese ferraresi riferibili a Biagio Rossetti o alla sua cerchia.

 La basilica ed il campanile sono stati oggetto di una recente opera di restauro a cura dell’arch. Mauro Severi.

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La facciata

La facciata dell’attuale chiesa risale alla metà del Settecento. L’architetto G.B. Cattani progettò un’ossatura a due ordini sovrapposti, secondo un sistema che ricorda più il classicismo del primo barocco che l’eleganza del rococò. Il gusto rococò affiora invece in alcuni particolari, come nella cornice del finestrino centrale, o nelle finestrelle che s’insinuano nel cornicione del primo ordine per illuminare le navate minori.

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La facciata ospita undici statue di Santi protettori e Dottori della Chiesa. Al limite del sagrato sono collocati sei caratteristici leoni in marmo rosso di  Verona la cui funzione originale era il sostegno sei colonne per i tre pronai posti davanti alle porte della Basilica. Le sculture sono probabilmente di epoca romanica, sono quindi parti di reimpiego. Di attribuzione allo scultore reggiano Gaspare Bigi sono invece i basamenti dei leoni, uno dei quali presenta il profilo del nobile reggiano Girolamo Pratonieri, finanziatore della ricostruzione della chiesa. A destra della facciata si eleva il campanile ottagonale incompleto, ideato dall’architetto Cristoforo Ricci, poi riveduto nel progetto da Giulio Romano, importante esponente della Maniera, allievo di Raffaello Sanzio. La facciata fu progettata per chiudere in modo scenografico e maestoso piazza San Prospero.

 

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Particolare della parte superiore della facciata
Particolare della facciata

Il campanile

La costruzione della torre è iniziata nel 1535, sotto la direzione degli architetti reggiani Leonardo, Alberto e Roberto Pacchioni, su disegno dello scultore Cristoforo Ricci. Il campanile cinquecentesco di San Prospero presenta forma ottagonale ruotata di circa dieci gradi, in senso orario, rispetto alla chiesa. È possibile che la scelta dell’ottagono sia legata alla ristrettezza del sito scelto e alla minuta viabilità dell’assetto urbano circostante.

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Nel progetto iniziale erano previsti diversi ordini architettonici: dorico, ionico, corinzio e composito, quest’ultimo non fu però realizzato. Cristoforo Ricci si dedicò le sculture al primo piano che, dopo la sua morte, furono continuate dallo scultore Prospero Sogari che nel 1555 completò in stile corinzio il terzo ordine della torre. I lavori furono poi ripresi tra il 1563 e il 1570 da Alberto Pacchioni ma rimasero comunque incompiuti.

Torre di San Prospero

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Torre campanaria vista da Piazza San Prospero.

 

L’interno della Basilica

A fianco dell’altare maggiore si aprono quattro cappelle a fondo absidato, un tempo recanti gli affreschi di Giovanni Giarola di cui rimangono importanti lacerti nella seconda cappella a sinistra.
La cupola ricavata all’interno di un basso Tiburio ottagonale, quasi completamente incassato nella copertura della chiesa, fu dipinta soltanto nel 1885, con pitture a tempera raffiguranti San Prospero in gloria di angeli, eseguite da Albano Lugli, Guido Montanari e Cirillo Manicardi.

 

Navata centrale
Navata centrale.

Il Giudizio universale

L’opera pittorica più straordinaria ed eclatante della basilica è costituita dagli affreschi dell’abside, con Il Giudizio Universale, affrescato da Camillo Procaccini (1585-87), dove in un turbine di figure si assiste alla chiamata al cielo delle anime dei beati, mentre nella parte bassa i diavoli cacciano i dannati all’Inferno. La raffigurazione è straordinariamente vivida e potente ed è considerata uno dei capolavori della pittura emiliana del tardo Cinquecento.

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Particolare del Giudizio universale
Particolare del Giudizio universale. (Photo credits: L. Bedogni)

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Cristo, collocato nel punto più alto della conca absidale, con un gesto risoluto, ma carico di umana pietà, invita le anime a salire. Intorno a lui, adagiati sulle nubi, angeli e Santi del Paradiso, dipinti con colori freschi e cangianti, accesi da stridenti contrasti cromatici. Gli apostoli Andrea e Pietro troneggiano nel primo “girone”, mentre sotto di loro, disposti secondo precise gerarchie, trovano posto gli Evangelisti con i Santi protettori della città. Dal clima sereno del Paradiso si passa, senza soluzione di continuità, all’atmosfera carica di pathos della Resurrezione degli eletti. Nella Resurrezione, i risorti (o salvati) emergono faticosamente dalle sepolture protendendosi trepidanti verso il cielo, nel quale saettano, con le loro lunghe trombe, i quattro Angeli del Giudizio. I colori divengono terrosi e opachi e il paesaggio desolato e silenzioso. Volti terrorizzati, corpi straziati, gesti violenti e disperati caratterizzano invece la rappresentazione dei dannati che sprofondano nelle fiamme dell’Inferno.

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Le altre opere

Il complesso degli affreschi è completato dalla Deposizione di Cristo nel sepolcro dipinta dallo stesso Procaccini e dai quadroni laterali dipinti sempre ad affresco da Bernardino Campi. Camillo Procaccini eseguirà poi, dieci anni più tardi, gli affreschi della volta sovrastante l’altare maggiore, dove sono conservate le reliquie di San Prospero patrono della città.

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Il Catino absidale viene completato dal sontuoso Coro intarsiato (1546) opera dei cremonesi Giuseppe e Cristoforo de Venetiis, che riutilizzano alcune tarsie del precedente coro eseguito dai Lendinara.
La basilica custodisce preziose opere d’arte e ancor più ne custodiva prima dei prelievi effettuati dai duchi d’Este fin dal secolo XVII. Fra di esse vi erano il quadro di Guido Reni con la Madonna e i SS. Crispino e Crispiniano, La madonna di San Matteo di Annibale Carracci e la celeberrima Pala dell’Adorazione dei pastori del Correggio nota come La notte (oggi entrambi a Dresda). La notte del Correggio fu sostituita da una copia, anch’essa pregevole, di Jean Boulanger, mentre l’ancona lignea che custodiva il quadro è ancora quella originale disegnata dal Correggio, riscoperta in tutta la sua bellezza da un recente restauro.

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Il coro 

Capolavoro dell’arte della lavorazione a intaglio e della Tarsia, che si afferma a Reggio Emilia, fin dalla metà del Quattrocento, è l’antico coro ligneo realizzato nel XV secolo da Cristoforo e Lorenzo Genesini. Nel 1546, l’opera fu intarsiata in modo raffinato, con paesaggi campestri, nature morte e prospettive urbane, da Cristoforo e Giuseppe De Venetiis.

Coro ligneo.

La cupola

La costruzione della cupola era già stata prevista nel progetto del 1514, quando fu costruito l’attuale tiburio destinato a contenere la cupola. L’impresa tuttavia venne giudicata troppo costosa, e in sostituzione si decise di realizzare un semplice lanternino. La piccola lanterna ottagonale, che illumina attualmente la cupola della basilica, fu realizzata nel 1652 dal capomastro reggiano Girolamo Beltrami.

Cupola.

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La decorazione della cupola raffigurante L’ingresso al cielo di San Prospero fu realizzata soltanto nel 1885 per mano del pittore Giulio Ferrari. Nel 1643, il Capitolo di San Prospero chiese e ottenne dal Comune un finanziamento di 500 ducatoni per la costruzione della cupola. L’impresa tuttavia venne giudicata troppo costosa, e in sostituzione si decise di realizzare un semplice lanternino, mentre la rimanente parte del finanziamento fu devoluta per la costruzione di sei candelieri d’argento. La piccola lanterna ottagonale fu quindi realizzata da Girolamo Beltrami. La decorazione della cupola risale al 1885, per mano del pittore Giulio Ferrari. Gli affreschi  rappresentano l’Ingresso al cielo di San Prospero, mentre nei pennacchi sono effigiati i quattro Dottori massimi della chiesa. Nei sottarchi e dei pilastri vengono riproposte le pitture che erano state precedentemente realizzate dall’artista Camillo Procaccini nel coro della basilica, nel 1587. Via via che si procede verso l’alto, però, le figure assumono una  posa più moderna. Il tutto trova culmine nella cupola, nella figura del santo e in quella di un giovane che regge il grande stendardo della Comunità. L’influenza degli affreschi absidali rimane comunque in tutta la composizione, in modo particolare negli angeli musicanti che contornano l’ascesa al cielo di San Prospero e che rimandano a quelli che il Procaccini eseguì nel 1597 per la vela della cappella maggiore, adiacente alla cupola stessa.

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