La Sinagoga si trova in via dell’Aquila, 3, a Reggio Emilia.
Note storiche
La Sinagoga di Reggio Emilia è uno dei luoghi simbolo della memoria ebraica della città.
Sorge nel cuore dell’antico ghetto ebraico, istituito nella seconda metà del XVII secolo e delimitato dalle vie Caggiati, della Volta, dell’Aquila e Monzermone, secondo le politiche di segregazione che interessarono gran parte delle città italiane. In quest’area, già dal 1672, era presente un primo tempio, costruito dalla comunità ebraica locale per garantire uno spazio di culto interno al ghetto, come imposto dalle autorità ducali.
L’attuale sinagoga fu edificata tra il 1857 e il 1858 su progetto dell’architetto Pietro Marchelli (1806–1874), figura centrale del neoclassicismo reggiano.
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La costruzione avvenne in un momento storico significativo: pochi anni dopo, con l’Unità d’Italia (1861), gli ebrei italiani avrebbero ottenuto l’emancipazione civile e la possibilità di uscire dal ghetto, conquistando finalmente pieni diritti di cittadinanza . La sinagoga, dunque, rappresenta un ponte tra la lunga stagione di segregazione e le nuove prospettive di integrazione sociale e politica.
Nel corso del Novecento, la comunità ebraica reggiana — numerosa e culturalmente attiva fino agli anni Trenta — fu duramente colpita dalle leggi razziali del 1938 e dalla persecuzione nazifascista. Molti membri furono deportati e non fecero ritorno.
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Dopo la guerra, la sinagoga ha assunto sempre più il valore di luogo della memoria, oltre che di culto, diventando punto di riferimento per la città nei momenti di commemorazione e riflessione sulla Shoah. Oggi l’edificio non ospita più funzioni religiose regolari, ma viene aperto per eventi, celebrazioni e visite guidate, soprattutto in occasione della Giornata della Memoria.
L’architettura
La sinagoga si presenta con una facciata neoclassica sobria ed equilibrata, segno della mano di Pietro Marchelli, che seppe declinare il linguaggio monumentale del classicismo in forme semplici e funzionali a un luogo di culto comunitario.
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La facciata è scandita da colonne e lesene, culminanti in un timpano triangolare, secondo uno schema tipico dell’architettura religiosa ottocentesca, ma reinterpretato con eleganza misurata e senza eccessi decorativi .
L’interno, a pianta rettangolare, è arricchito dalla presenza dei matronei laterali, destinati un tempo alle donne secondo la tradizione ebraica, che contribuiscono a dare un senso di verticalità e solennità allo spazio.
L’asse centrale conduce verso l’Aron ha-Kodesh, l’armadio sacro contenente i rotoli della Torah, posto sulla parete orientale e sottolineato da un apparato decorativo ottocentesco che combina stucchi e motivi pittorici. Le decorazioni interne riflettono il gusto eclettico del XIX secolo, con inserti ornamentali che, pur semplici, contribuiscono a creare un’atmosfera raccolta e solenne.
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L’aula di preghiera conserva inoltre alcuni arredi liturgici originali, che testimoniano la vitalità della comunità ebraica reggiana fino alla metà del Novecento. La scelta del linguaggio neoclassico, sobrio ma solenne, si inserisce in quella stagione in cui molte comunità ebraiche italiane, emancipate o in via di emancipazione, vollero dotarsi di sinagoghe che riflettessero dignità, riconoscimento sociale e radicamento urbano.

Oggi la sinagoga di Reggio Emilia non è soltanto un monumento architettonico, ma soprattutto un luogo della memoria civile. La sua presenza nel cuore dell’ex ghetto rende tangibile la storia della comunità ebraica, dal periodo della segregazione alla persecuzione nazifascista, fino al ritorno alla vita democratica.
Negli ultimi decenni, l’edificio è stato utilizzato come polo culturale per mostre, conferenze, concerti e attività educative, divenendo parte integrante del tessuto cittadino e strumento di dialogo interreligioso e interculturale.